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Casadasè: Il Mondo Destrutturato e Ricostruito dei Ragazzi Autistici, nel Percorso verso l’Autonomia.

La Repubblica di venerdì 27 aprile 2018

“Casadasè” è un progetto dell’Associazione “Autismo Firenze” che, dal 2011 accoglie ragazzi a basso, medio e alto funzionamento che dopo una prima valutazione funzionale, vengono coinvolti in attività diverse con l’obiettivo di renderli indipendenti, nella vita quotidiana, dalla cura di sé e delle faccende domestiche, alle relazioni sociali, all’inserimento in ambito lavorativo.

Esiste un luogo dove ogni attività quotidiana viene scomposta e ricostruita a piccoli step perché, attività che a noi sembrano banali, che svolgiamo ogni giorno, per alcune le persone, possono essere difficili da compiere immediatamente, nella loro interezza. Anche cucinare una semplice pasta al pomodoro, può richiedere tantissimi passaggi, per arrivare poi a comporre una ricetta in poche righe.

È il mondo dei ragazzi che hanno un disturbo dello spettro autistico, un mondo fatto di un aspetto sensoriale e comportamentale molto importante, in cui lavorano gli educatori di “Casadasè”, un centro che già dal nome fa capire come l’obiettivo sia quello di portare i ragazzi verso l’autonomia. Nel 2003 un gruppo di famiglie con figli autistici adolescenti e giovani adulti, crearono l’Associazione “Autismo Firenze”, allo scopo di colmare il deficit di servizi dedicati a questa fascia di età, a fronte dell’eventualità che dopo il diciottesimo anno non ci fosse nulla per questi ragazzi. Nel 2008 fu presentato alla Regione Toscana il progetto “Autonomia”, il finanziamento cominciò ad essere erogato con il 2011, anno in cui entrò in attività il Centro “Casadasè”, destinato alla riabilitazione intensiva di adulti con autismo, che prevedeva l’accoglienza di dieci ragazzi, ma che oggi ne conta quaranta.

“Noi lavoriamo per ottenere il massimo grado di autonomia possibile per ognuno di loro ‒ spiega Maria Carla Morganti, Responsabile legale per l’Associazione ‒ con programmi personalizzati a seconda degli obiettivi che si possono individuare. Non abbiamo un profilo preciso dei nostri utenti. Noi li trattiamo dai 16/17 anni in poi e non c’è, né un limite superiore di età, né un limite alla gravità della loro situazione. Abbiamo ragazzi dal funzionamento medio-basso, magari non verbali, con problemi comportamentali, fino a ragazzi Asperger, come è comunemente detto l’alto funzionamento.

La funzione ideale che noi ci proporremmo sarebbe quella di traghettarli dalla scuola alla vita adulta, affiancando la scuola negli ultimi due anni e elaborando insieme ad essa e in relazione alle nostre valutazioni, un progetto di vita adulta e un inserimento nella società.” In un grande appartamento al numero 14 di via Giambologna, ogni stanza è dedicata ad un’attività diversa: il computer, la comunicazione, la sensorialità, la cucina, la didattica, la musica, la costruzione di materiali e ognuna ha un suo percorso, fatto di tanti step, che indicano il programma giornaliero e i luoghi fisici dove si trovano le cose.

Le attività sono divise in quelle per l’autonomia, ovvero volte ad acquisire le abilità necessarie per la cura personale, per rendere i ragazzi autonomi in ambiente domestico, e nella parte che riguarda la comunicazione, che è un laboratorio trasversale fondamentale e viene fatto a tutti i ragazzi, perché la comunicazione è l’aspetto deficitario per loro ed è quello che può innescare dei comportamenti problematici utilizzati a volte dai ragazzi non vocali per farsi comprendere.

Ci sono, poi, i laboratori delle attività sociali, rivolti i ragazzi sia a medio che ad alto funzionamento, volti ad incrementare le abilità di tipo relazionale, emotivo, tutte quelle abilità che permettono di relazionarsi all’altro, con un lavoro molto specifico anche di consapevolezza e i laboratori più professionali, come quello di cucina e di pasticceria, che sono mirati, non solo ad una maggiore autonomia, ma anche ad un eventuale inserimento lavorativo.

“La nostra filosofia è che in un progetto di vita adulta ‒ dice Maria Carala Morganti ‒ il lavoro deve essere indispensabile. I nostri ragazzi sviluppano tutti delle abilità lavorative, magari settoriali, magari limitate a certe operazioni, anche semplici, ma tutti quanti sono in grado di svolgere un lavoro che abbia un senso. Alcuni potranno lavorare in ambiente naturale, per altri è necessario creare le condizioni adatte (ambiente, orari, stimoli sensoriali…) in cui si realizza il “lavoro protetto”.

Ogni ragazzo che arriva a “Casadasè” è sottoposto ad una prima valutazione funzionale molto rigorosa, che viene fatta anche nella programmazione e nello svolgimento del lavoro e per ognuna delle loro attività c’è una raccolta dati, per cui tutto si traduce in maniera oggettiva, in grafici e tabelle, che permettono di tenere costantemente monitorato il ragazzo sulle cose che fa e su come progredisce.

“L’obiettivo su cui si va a lavorare ‒ spiega Mara De Iulio, coordinatrice del Centro ‒ è la strategia di intervento e le varie valutazioni sono: iniziale, intermedia e finale. La raccolta dei dati è molto utile per capire se la strategia messa in atto funziona o se dobbiamo cambiarla e ci dà modo di sapere in quanto tempo il ragazzo riuscirà a possedere una determinata abilità. Le schede vengono utilizzate sia per le attività domestiche che per la cura personale e ogni procedura viene suddivisa in piccolissimi step. Sono indicati anche i tipi di aiuti che possono essere erogati dall’educatore: verbale, dimostrativo, indicativo, visivo, motorio. Tutti questi aiuti devono essere sfumati ed eliminati nel tempo, perché i ragazzi non diventino dipendenti dall’aiuto dell’educatore.”

A Figline, in un appartamento concesso in comodato da Ferrovie dello Stato, i ragazzi, in piccoli gruppi, sperimentano giornate di autonomia in cui gli educatori raccolgono dati sull’effettiva acquisizione delle abilità di vita indipendente. È il progetto “Scuola di Vita”. Così, Francesco ha trovato dentro di sé un cantastorie e un grande feeling con i bambini, per cui adesso lavora presso Casadasè con un inserimento socio terapeutico all’illustrazione di libri per bambini e si reca nelle scuole (materne ed elementari) per presentare i suoi libri. Racconta la storia e mostra attraverso la LIM come nascono le sue illustrazioni.

Lapo e Alessandro lavorano in maniera autonoma al computer, e preparano i materiali che poi verranno rifiniti da Keiko nella stanza di costruzione dei materiali, che poi diventeranno dei quaderni didattici, che forse un giorno usciranno da “Casadasè” per diventare un supporto utile per tutti i ragazzi autistici.

All’interno di Casadasè sono attivi anche alcuni progetti ternatici, come il “Progetto teatro“, un corso di teatro secondo il Metodo Mimico Costa, condotto dal regista e drammaturgo Pierpaolo Pacini, Direttore del Centro di Avviamento all’Espressione della Fondazione Teatro della Toscana ;il “Progetto Musei“, che ha come obiettivo l’elaborazione di strategie che rendano fruibili i musei alle persone con autismo, con collaborazioni con il Dipartimento Educativo della Fondazione di Palazzo Strozzi e del Museo Marino Marini e, da settembre 2017, anche con il Museo degli Uffizi; il “Progetto Cineforum“, in collaborazione con la Fondazione Sistema Toscana; il “Progetto Book Box“, che consiste nella creazione di piccole biblioteche nelle sale d’attesa degli Studi Medici Pediatrici. I libri sono raccolti, catalogati e riparati quando necessario dai ragazzi nei locali di “Casadasè”; il “Progetto ALA (Aziende con Lavoratori Autistici), che si rivolge al gruppo di giovani a funzionamento medio-alto, quelli che sono in grado di affrontare il lavoro in ambiente naturale, con l’obiettivo di creare un gruppo di Aziende disponibili all’inserimento lavorativo di questi giovani attraverso un’opera di informazione e formazione diretta alle Aziende stesse. In un grande appartamento al numero 14 di via Giambologna, un gruppo di 40 ragazzi autistici, ognuno con le proprie difficoltà, ma anche potenzialità, ogni giorno porta avanti un percorso all’interno del suo mondo, fatto di sapori, di odori, di sensazioni, di lavoro, per costruire la sua vita a piccoli step e trovare il suo “dono”, che lo porterà verso l’autonomia.

 

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